RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - Sos diritti: le vittime Diaz fanno appello ai movimenti

Genova, 16 novembre 2008

A due giorni dalla sentenza, legali e parti civili chiamano alla mobilitazione
Sos diritti: le vittime Diaz fanno appello ai movimenti

Checchino Antonini

«C'ero io alla riunione in questura che ha dato il via a un'operazione sconsiderata?», si domanda Fazio Luigi, ex poliziotto, 56 anni, unico schiaffeggiatore della Pascoli condannato - a un mese - per un'irruzione che, per tutti gli altri suoi aspetti è stata definita dalla sentenza un «fatto che non costituisce reato». Misteri della Diaz, misteri di Stato. La Pascoli è la scuola di fronte a quella del massacro principale - 61 feriti gravissimi, 93 arresti illegali - quella dov'era il media centre del Genoa social forum: qui le furie blu staccarono la spina a Radio Gap, spaccarono i computer dei legali e portarono via le memorie. Trovarono un'eurodeputata del Prc, Luisa Morgantini, e combinarono poco rispetto a quello che i loro colleghi commettevano pochi metri oltre, dall'altra parte di via Battisti. Altri 88 giorni e si scoprirà perché anche quella somma di reati evidenti è stata cancellata dalla prima sezione del tribunale di Genova. Il Viminale, a mezzo stampa, fa sapere ai pm che considera inimmaginabile perfino l'idea che si possano indagare i suoi vertici. I pm ribattono con l'esortazione a leggere le 574 pagine di memoria prodotte dalla lunga requisitoria. Lì c'è la storia giudiziaria della notte cilena della Diaz che la sentenza - salutata da grida sdegnate del pubblico nell'aula bunker - ha ridotto a poco più di episodio di bullismo di un pugno di celerini e dall'inganno perpetrato da due poliziotti - che portarono dalla questura alla Diaz le molotov - ai danni degli arrestati e dei loro comandanti presenti nel cortile. Canterini, capo del nucleo antisommossa sperimentale, il capo dei condannati e condannato a sua volta (con attenuanti concesse a pioggia), dichiara: mica siamo stati noi i macellai. Ma se gli chiedi chi sia stato non sa rispondere all'intervistatore. Anzi non vuole. Da vero capo militare, l'attuale dirigente dell'Interpol utilizza le colonne di Repubblica per salutare i suoi («Il vostro comandante ancora indossa il casco insieme a voi») e per spedire una serie di messaggi cifrati: «Io e voi - scrive - sappiamo benissimo». Però nell'intervista aveva abbracciato una teoria del suo difensore secondo cui quella notte fu una specie di sagra del volontariato, con agenti di ogni dove spediti non si sa da chi. Lo statista Gasparri è sicuro: Canterini dimostrerà la sua innocenza. Il suo esimio collega Giovanardi vomita sui sessantottini e si schiera a prescindere con i poliziotti. Come ha fatto pure a proposito dell'omicidio Aldrovandi.
La «nausea collettiva», definizione di uno degli avvocati del Genoa social forum, Dario Rossi, è palpabile a Genova. Nella sala dell'ex convento di S.Agostino, oggi polo museale dopo aver ospitato il comando dei carabinieri del re, ci sono i «soliti quattro gatti», tra vittime, attivisti, avvocati, giornalisti.
Doveva essere un momento di confronto a una settimana dalla sentenza, ricorda Enrica Bartesaghi, madre di Sara, pestata alla Diaz e desaparecida a Bolzaneto. Ma una settimana di slittamento l'ha trasformata nella prima iniziativa pubblica e a caldo di riflessione politica. Il titolo dell'iniziativa: "Parola chiave: impunità" svela un pessimismo che covava da tempo tra i comitati e le reti di memoria. «Chi crede nella giustizia, verrà giustiziato» è una delle battute che testimoniano il «pessimismo congiunto della ragione e della volontà», come dirà Giuliano Pisapia nel dibattito coordinato da Mario Portanova di Diario con Giuliano Giuliani; Mark Covell, «la prova vivente» di un tentato omicidio ancora da chiarire (persino l'avvocato di Canterini ha tuonato in aula che chi lo ha pestato non è degno di indossare la divisa. Già, ma chi lo ha quasi ucciso? Nessun poliziotto ha mai collaborato); Lorenzo Guadagnucci del comitato Verità e giustizia; l'europarlamentare Prc Vittorio Agnoletto. A chi voglia comunque trovare lati deboli nell'apparato accusatorio, Gilberto Pagani (legale milanese, presidente degli avvocati europei democratici) ricorda che le ipotesi di reato sono state ristrette, che si poteva configurare una denuncia per associazione a delinquere armata di fronte all'azione di 400 tra agenti e funzionari anche altissimi. Contro di loro, invece, non è stata ipotizzata neppure la «compartecipazione psichica» brandita ai danni di 25 manifestanti pescati a casaccio e su cui si volevano cucire tutti i danni inferti alla città nei cortei. E se uno come Troiani (condannato col suo autista) davvero è riuscito a far passare le molotov sotto il naso dei firmatari del verbale falso allora - ironizza Pagani - «Brunetta pensaci tu». Al di là delle battute, resta che la logica della "normale perquisizione" fu la stessa di intervento rapido militare vista in strada nelle ore precedenti, con l'ordine pubblico, per la prima volta nella storia della Repubblica, affidato a incroci tra parà e carabinieri (il Tuscania) e a veterani di guerra (gli uomini di Leso, tra cui Placanica). Uno come Andreassi potrebbe chiarire molte cose: era il vicario di de Gennaro per il G8, uscì di scena poco prima del blitz e disse ad Agnoletto che non ci poteva fare nulla, che era stato deciso. Poi non parlerà più. L'ex portavoce del Gsf ha ricordato la telefonata di quella notte, e ha stigmatizzato l'ipocrisia di Di Pietro, che ora invoca la stessa commissione parlamentare che affossò nella passata legislatura (era scritta nel programma dell'Unione).
«Così, nel clamore delle ammissioni di Fournier, il vice di Canterini che coniò la dicitura "macelleria messicana", De Gennaro diventava capo di gabinetto di Amato», rammenta Guadagnucci manifestando l'esigenza di una rete permanente sui diritti civili e le garanzie democratiche. Giusto ragionare sui danni della stagione del governo Prodi, dirà il segretario cittadino Prc, Paolo Scarabelli, giusto connettersi con l'Onda. Infatti è anche agli studenti che è diretto l'appello partito ieri da Genova alla società civile, al mondo della cultura, a chi costruì il percorso del social forum. Chi può batta un colpo - Agnoletto nomina Arci, Cgil, Fiom, Lilliput ma l'elenco potrebbe essere più lungo - l'idea è dedicare il 13 dicembre, giorno successivo alla sciopero generale, ad azioni città per città. E domenica 14 dicembre la Diaz potrebbe riaprire e ospitare la proiezione dei materiali filmati su Genova e dintorni.